
Vivian Maier, la scoperta casuale di una grande fotografa
Intro: Il mito di Vivian Maier nasce nel 2007, quando vengono acquistati all’asta dei suoi negativi fotografici. Oggi, il libro “Dai tuoi occhi solamente” di Francesca Diotallevi, edito da Neri Pozza, racconta la misteriosa personalità della fotografa.
Uno straordinario quanto casuale acquisto di una scatola di negativi fotografici ad un’asta, da parte di John Maloof – un agente immobiliare – diede il via alla scoperta di un’artista sconosciuta: la fotografa Vivian Maier.
Era il 2007 e Maloof cercava fotografie di Chicago utili alla realizzazione di una ricerca alla quale stava lavorando.
Così, si recò ad un’asta e decise di comprare la scatola di rullini fotografici più grande, contenente immagini di quella città.
Un acquisto fortuito per 380 dollari, dei quali neanche i banditori sapevano granché, a parte che fossero appartenuti ad una certa Vivian Maier.
John Maloof, che fin da piccolo aveva lavorato nei mercatini dell’usato con il padre e il fratello, intuì di avere tra le mani qualcosa di valore, così scannerizzò i negativi e iniziò a fare ricerche in internet.
Nulla. Non esisteva assolutamente nulla di rilevante circa questa donna.
Decise di pubblicare circa 200 foto su Flickr, ottenendo un riscontro entusiastico dalla community, che lo incoraggiò a continuare la ricerca della fotografa di street art sconosciuta.
Ecco di cosa parlo nel post
Alla ricerca di Vivian Maier
Grazie alla sua tenacia, John Maloof riuscì a scoprire che Vivian Maier era stata una tata, non aveva famiglia e nei giorni liberi dal lavoro girava per le strade delle città di Chicago, New York e Los Angeles, scattando fotografie di street art.
Si può dire che sia stata un’antesignana di questo genere: i suoi occhi riuscivano ad indagare nell’anima della gente, attraverso gli scatti immortalava istanti di vita che le sarebbero appartenuti per sempre.
Inoltre, realizzava molti autoritratti, utilizzando specchi o vetrine e non guardando mai direttamente nell’obiettivo.
Vivian Maier non inseguiva il successo, le sue foto erano scattate per un suo bisogno intimo, profondo e, sotto certi aspetti, misterioso.
Una persona introversa e solitaria, della quale conosciamo oggi i capolavori fotografici solo grazie a John Maloof che ha deciso di divulgarli attraverso mostre, libri e documentari.
Molto probabilmente, avrebbe odiato tutta questa esposizione visto che ha trascorso la vita a tenere per sé le sue opere, ma il successo riscosso è meritato!
La mia conoscenza con questa straordinaria fotografa avvenne qualche anno fa proprio grazie al documentario “Alla ricerca di Vivian Maier”.
Raccontava la sua storia, o almeno quello che Maloof attraverso alcune testimonianze era riuscito a ricostruire.
Quando attraverso lo schermo della tv ho ammirato le sue foto, ho capito esattamente per quale motivo l’agente immobiliare ne fosse rimasto colpito e la sua voglia di saperne di più.
Non sono semplici scatti, ma veri e propri racconti di vite da poter immaginare e nelle quali potersi immergere.
Quando ho saputo che la casa editrice Neri Pozza aveva pubblicato un libro dedicato a Vivian Maier dovevo assolutamente leggerlo.
“Dai tuoi occhi solamente” di Francesca Diotallevi: libro su Vivian Maier
Questo libro non ha pretese di essere una biografia, bensì raggiunge uno scopo qualitativo molto più intimo: raccontare in modo delicato la personalità e la vita di una donna solitaria, dall’anima inquieta e dal talento innato per la fotografia.
Ognuno di noi dovrebbe trovare un modo per indagare i propri “demoni” e cercare di riconoscerli e conviverci.
Per Vivian Maier, il metodo per non sentirli invadere prepotentemente la propria vita era la fotografia: riuscire a fermare attimi di vita da regalare all’eternità.
Era la fotografia a dare un senso alla sua vita. Erano le immagini a colmare i vuoti che si aprivano in lei, simili a voragini.
Anche il libro di Francesca Diotallevi, così come il documentario, si basa sulle testimonianze di alcune famiglie americane per le quali Vivian Maier lavorò come tata.
Ma anche dalle ricerche effettuate dall’Associazione “Vivian Maier et le Champsaur”, nell’omonima valle francese, di dov’era originaria la sua famiglia materna.
L‘infanzia e l’adolescenza della fotografa furono caratterizzate da una madre anaffettiva e da continui spostamenti tra la Francia e l’America – dove vissero anche presso la fotografa Jeanne Bertrand.
Vivian Maier girava per le strade delle città con la sua Rolleiflex, scattando foto a ciò che attirava particolarmente la sua attenzione e colpiva la sua sensibilità: bambini, lavoratori, persone di buona società, personaggi famosi, mendicanti ed emarginati.
Nel 1956, ormai adulta, Vivian si stabilì definitivamente a Chicago.
Aveva 30 anni, fu assunta come bambinaia dai coniugi Gensburg per occuparsi dei loro 3 figli.
Nella loro abitazione aveva una stanza con bagno privata da poter utilizzare come camera oscura per le sue foto.
Gli ultimi anni di vita della fotografa
Negli ultimi anni della sua vita, Vivian conobbe gravi difficoltà finanziarie.
Furono i fratelli Gensburg, con i quali aveva mantenuto un legame a rintracciarla e a trasferirla in un grazioso appartamento a Rogers Park, prendendosi cura di lei.
Alla fine del 2008, Vivian ebbe un incidente cadendo sul ghiaccio e battendo la testa.
Ricoverata in ospedale, fu accudita dai Gensburg, ma morì poco dopo, il 21 aprile 2009.
Al momento della sua morte, nessuno sapeva che a causa degli affitti non pagati, il box contenente le sue cose – compresi i rullini fotografici – era stato messo all’asta.
Da queste informazioni – dalla vita e dal rapporto con la madre, i parenti, con Jeanne Bertrand e dal suo lavoro di tata – parte Francesca Diotallevi per la realizzazione del suo romanzo dedicato a Vivian Maier.
La sua scrittura è delicata e profonda.
Una sensibilità capace di creare una biografia romanzata, che riesce a farci entrare in punta di piedi nella vita della fotografa per vedere il mondo attraverso i suoi occhi.
La complessa personalità di Vivian Maier viene raccontata in questo libro attraverso quelli che potrebbero essere stati i suoi pensieri, i suoi desideri, le sue titubanze, in un continuo confronto con gli spettri del suo passato.
L’arte della fotografia vissuta non come desiderio di successo, bensì esigenza di incanalare sofferenza e inquietudine in qualcosa di necessario per sentire meno il peso della solitudine.
Francesca Diotallevi riesce nell’impresa – non facile – di dar valore alla figura di Vivian Maier, senza forzarne il carattere introverso, bensì scoprendola quel tanto che basta a svelare i lati più significativi della sua immensa e straordinaria opera fotografica.
Un libro da leggere tutto d’un fiato!


2 commenti
Ylenia Pravisani
Ho scoperto Vivian e le sue fotografie grazie a te. Mi ha letteralmente colpito, per la sua storia, per il modo in cui i suoi rullini sono stati ritrovati e per il modo che aveva di catturare gli attimi e le persone.
Ti ringrazio Sara 🙂
Sara Daniele
Grazie a te del commento e di essere andata alla mostra a Trieste come inviata del blog