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Web & Digital Marketing

Micro influencer: chi sono e perché i brand dovrebbero puntare su di loro

Chi sono i micro influencer, e in che modo un brand potrebbe e dovrebbe coinvolgerli per promuovere i propri prodotti o servizi? Scopriamolo insieme, analizzando il fenomeno e cercando di comprendere in cosa consiste e come può essere sfruttato per il digital marketing.

Quando si parla di influencer marketing il mio pensiero non può non andare a Matteo Pogliani, amico e collega, con il quale ho il piacere di collaborare all’interno dell’agenzia Open Box.

Nel suo libro “Influencer Marketing – Valorizza le relazioni e dai voce al tuo brand”, edito da Flaccovio Editore, Matteo fornisce una definizione della figura dell’influencer che a me piace moltissimo:

“L’influencer è colui che fa accadere le cose, piccole o grandi che siano”

Certo, può apparire un po’ poetica, ma trovo che questa definizione calzi a pennello con ciò che è, realmente, l’infuencer marketing, ovvero la capacità di produrre contenuti finalizzati alla stimolazione dell’interazione tra l’utente ed il brand.

Chi sono i Micro influencer

Ho deciso di scrivere un articolo dedicato a questo argomento dopo aver letto un contenuto pubblicato da 1and1 nella sua Digital Guide, nella quale si parla di micro influencer.

Ad incuriosirmi è stata la definizione di micro influencer, mutuata da un articolo inglese pubblicato da Mavrck, riportata nel post:

“consumatori di tutti giorni con un numero di follower che si aggira tra i 500 e i 5.000, caratterizzati da un elevato grado di engagement in relazione ai temi rilevanti”

Al di là dei numeri indicati, sui quali ho trovato varie discordanze – molti indicano dai 10.000 ai 500.000 – i micro influencer sono utenti che hanno una reach medio-bassa, ma in grado di generare grossi volumi in termini di engagement, ovvero di reazioni ai contenuti pubblicati.

Sono quelli che Matteo, nel suo libro, definisce “Consumattori”, ovvero dei consumatori “connessi e altamente informati, ormai parte integrante del processo informativo”.

Nella mia fase di studio ho trovato un’altra definizione, che credo sia ancora più completa, fornita da Hubspot:

I micro-influencer sono semplici utenti dei social media, diversi da celebrità, esperti o personaggi pubblici. Sono individui che lavorano o si specializzano in una particolare verticalità e spesso condividono contenuti sui social media legati ai loro interessi. A differenza dei tradizionali “influencer”, i micro-influencer hanno un numero più modesto di follower – in genere tra migliaia e decine di migliaia – ma vantano un pubblico iper-coinvolto.

Micro influencer: l’influencer marketing basato sulle relazioni dirette

Mi piace questo approccio all’influencer marketing, che non tiene conto solo dei grandi numeri, ma si basa sulla capacità, reale, di influenzare i comportamenti dei propri follower semplicemente essendo sé stessi.

Si tratta, se ci pensi, di una sorta di evoluzione del passaparola in salsa digitale.

Io ti consiglio una pizzeria nella quale sono stata la scorsa settimana che fa una pizza deliziosa, tu ci vai perché ti fidi del mio giudizio.

Perché, in fin dei conti, siamo tutti influencer, senza avere i numeri di Chiara Ferragni.

Micro influencer: il futuro del digital marketing?

In un articolo pubblicato il 2 marzo 2018 dal noto giornale Forbes, si presenta il fenomeno dei micro influencer come il possibile futuro del digital marketing.

Purtroppo, quando si pensa agli influencer l’utente medio tende ad associarlo alle web star, fenomeni effimeri che, invece di lavorare, passano il tempo a recensire prodotti e viaggiare a scrocco.

Non serve dirti che non è così, lo so, ma si tratta comunque di un pensiero molto diffuso.

Per contrastare questa concezione dell’influencer marketing, secondo l’autore dell’articolo, è preferibile puntare sui micro influencer, persone meno esposte, ma più credibili, genuine, verticali, e per questo considerate autorevoli.

Sfruttare i micro influencer rappresenta, per i brand, una opportunità eccezionale, perché a fronte di un investimento più ridotto rispetto all’ingaggio di un influencer vip, si può mostrare un prodotto o servizio in modo diretto ad un pubblico più profilato, meno generalista.

Perché, ricordiamolo, meglio intercettare 10 potenziali clienti che 1 milione di utenti distratti e non in target.

Perché un brand dovrebbe sfruttare i micro influencer

È evidente che ingaggiare Chiara Ferragni per promuovere il proprio brand consente di raggiungere una audience elevatissima, ma ci sono due elementi da considerare:

  1. abbiamo budget a sufficienza per raggiungere questi livelli di collaborazione?;
  2. siamo sicuri che il pubblico di questi influencer vip sia in linea con il nostro target?

Non sempre ingaggiare la persona più famosa si traduce in conversioni dirette, quindi in fatturato, è più probabile che si aumenti solo l’awarness, facendo branding.

Ecco che diventa profittevole realizzare una campagna di influencer marketing coinvolgendo micro influencer.

Di seguito ti segnalo almeno 5 valide ragione che dovrebbero spingere un brand a investire sui micro influencer:

  1. Sono in focus con il settore nel quale opera l’azienda;
  2. Hanno una audience verticale, non trasversale, più adatta a convertire;
  3. Hanno costruito una reputazione grazie a competenze specifiche ed autorevolezza nel settore, questo rende il brand più valido rispetto ad un altro;
  4. Richiedono un investimento economico più contenuto rispetto ai vip. In alcuni casi, si riesce anche ad ottenere una piccola collaborazione basata su uno scambio di beni e servizi;
  5. Possono parlare del prodotto/servizio con competenza, mostrandone feature, utilità, impieghi, e così via.

Se la campagna di influencer marketing, o più propriamente la collaborazione di medio e lungo periodo, viene gestita in modo professionale, i vantaggi per le tre parti coinvolte sono evidenti:

  • Il micro influencer attiva una collaborazione professionale, con conseguente guadagno in denaro o in beni e servizi;
  • Il brand ottiene lead e conversioni da un pubblico profilato;
  • L’utente finale riceve contenuti di buona qualità, che possono risolvergli un problema specifico.

Insomma, è quello che i marketer definirebbero un win win win.

Micro influencer: il parere dell’esperto

Per avere un quadro più chiaro della situazione ho pensato bene di interrogare Matteo Pogliani, esperto di influencer marketing.

Ecco cosa ne pensa lui del fenomeno dei micro influencer:

“La crescita dei progetti tra brand e influencer porta con se una maggiore abitudine all’influencer marketing, ma anche una perdita netta di spontaneità, e quindi, di credibilità.

Un problema strettamente legato alla qualità non sempre altissima delle campagne realizzate.

Spontaneità e trust sono uno dei plus principali dell’influencer marketing, plus a cui possiamo difficilmente rinunciare.

In questo senso una possibile soluzione sono i micro-influencer.

Per micro-influencer intendiamo figure dall’audience limitata, ma dal forte grado di credibilità. Brand lover e utenti a noi vicino sono un ottimo esempio.

Un trust quello dei micro-influencer, confermato a più riprese anche dal Trust Barometer di Edelman, in cui si evidenzia che sono proprio le persone più vicine a noi quelle più credibili.

Ma quali sono i vantaggi portati dai micro-influencer? Vediamoli insieme:

  • Umanizzare il brand: il loro essere persone comuni permette di dare un volto all’azienda, evidenziando la sua vicinanza a utenti e consumatori;
  • Affinità con i possibili clienti: grazie alle loro caratteristiche comuni, possono generare fiducia e far sentire gli altri utenti affini a loro;
  • Credibilità: lo abbiamo detto. Sono figure che esprimono molta fiducia, una fiducia che durante la collaborazione trasmettono anche al brand;
  • Costi: non essendo professionisti i budget per le campagne riescono ad essere contenuti.”

Come vedi, non ci sono andata poi così lontana nella mia rapida analisi del fenomeno.

E tu, cosa ne pensi dei micro influencer?

Sara Daniele, SEOcopywriter e travelblogger. Laureata in Lingue e Letterature Straniere. Napoletana di origine e di indole, ho vissuto per due mesi a Londra e una parte del mio cuore è rimasta lì. Mi sento cittadina del mondo, ma l'odore del caffè mi riporta sempre a casa. Ho trovato la mia dimensione nel blogging, perché unisce le tre cose che più mi piacciono: le parole, le connessioni umane e la comunicazione.

Un commento

  • Giulia M.

    Ultimamente mi sto informando sulla questione micro influencer e penso che l’articolo riassuma molto bene molte osservazioni utili al riguardo! I miei studi non comprendono il marketing, ma già da un po’ di tempo ho l’impressione che persone con anche una piccola fanbase riescano a spingerla a fare determinati acquisti più di quanto faccia un qualsiasi personaggio famosissimo. Penso sia una situazione molto interessante, sono curiosa di vedere come si evolverà nei prossimi anni!

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